Chi era SANTE PATUSSI

Allo scoppio della seconda guerra mondiale era tenente del 2º reggimento fanteria, osservatore dall'aeroplano. Dopo aver conseguito il brevetto di osservatore, ebbe un incidente di volo. Ripreso il servizio, nel giugno 1941 entrava nella 19ª squadriglia di osservazione terrestre. Venne abbattuto da caccia nemici durante una ricerca di commilitoni dispersi in mare; ferito rimase con i compagni per 17 ore su un battellino di salvataggio, mentre le ferite si aggravavano. Morì in alto mare il 25 giugno 1941. Fu insignito di medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
A lui è intitolata la Caserma dell'Esercito di Tricesimo

Medaglia d'oro al valor militare
«Ufficiale osservatore dall’aeroplano, capace, attivissimo, entusiasta, chiesta ed ottenuta l’assegnazione in zona d’operazioni, svolgeva attività intelligente e coraggiosa in numerose azioni in zona desertica. Durante una missione di ricerca di camerati dispersi in mare, attaccato da cinque velivoli da caccia, con calma esemplare rispondeva ai furiosi assalti nemici che già avevano danneggiato il velivolo e ferito il resto dell’equipaggio. Vista l’arma abbandonata dall’armiere ferito ed accortosi di un nuovo attacco avversario proveniente dal basso, si precipitava per reagire in quella direzione. Colpito una prima volta a una gamba, continuava a sparare, finché una seconda raffica lo abbatteva sull’arma. Avvenuto l’ammaraggio in mare aperto, benché con le carni straziate e lacerate e col corpo immerso in gran parte nell’acqua entrata nel velivolo, insisteva perché il pilota unico illeso, deponesse, sul battellino di salvataggio, prima gli altri feriti. Durante 17 ore di permanenza sul mare, senza alcun conforto di medicinali né di viveri né d’acqua, sorretto soltanto dalla sublime forza d’animo e dal senso del dovere, incitava i compagni feriti alla sopportazione del dolore e alla speranza della salvezza, esaltando il camerata pilota e lo aiutava, pur morente, nell’orientamento del canotto verso la riva amica. Conscio della fine imminente, dava l’ultima parola di sollievo ai camerati, ammirati per tanto stoicismo e rivolgeva un augurio alle sorti della Patria ed espressioni di saluto alla madre. Chiudeva così nell’angusto spazio del battello, ancora in pieno mare, la giovane esistenza, dando, fino all’ultimo anelito, insuperabile esempio di forza d’animo, senso del dovere, sublime cameratismo. Cielo del Mediterraneo Orientale, 25 giugno 1941.

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